Lettera all'imprenditore n°196 del

1 Aprile 2021

Supply Chain: scenari futuri

“Non è la specie più forte o la più intelligente a sopravvivere,
ma quella che si adatta meglio al cambiamento.”

Charles Darwin

Il lockdown ha avuto un forte impatto su molti settori produttivi, rendendo necessario un ripensamento dei modelli di business e lo sviluppo di nuove strategie adatte a fronteggiare nuovi rischi. In particolare, una delle maggiori problematiche emerse durante quest’ultimo anno riguarda la gestione della supply chain, ovvero la catena di approvvigionamento, che ha visto veri e propri rallentamenti e interruzioni a livello globale, come testimoniato dall’incidente avvenuto nel canale di Suez.

Ma cosa è realmente successo?

In passato lo sviluppo economico e la riduzione dei tempi logistici e delle barriere doganali hanno permesso a molte aziende di potenziare la propria presenza a livello internazionale e utilizzare fornitori esteri a condizioni vantaggiose. Questo sistema ha contribuito a formare supply chain lunghe e complesse, rendendole poco controllabili.

L’emergenza sanitaria e le relative restrizioni hanno generato interruzioni di molti canali commerciali tra i diversi Paesi e hanno messo in difficoltà le supply chain globali. Alcune delle problematiche emerse sono ad esempio la mancata fornitura di materie prime, l’assenza di beni sul mercato e l’eccedenza di altri, cambiamenti nelle abitudini di acquisto, difficoltà nella gestione logistica, ecc.

Su tale tematica l’ISM (Institute for Supply Management) ha condotto uno studio negli Stati Uniti tra fine febbraio e marzo 2020. È stato effettuato un sondaggio sugli impatti sugli approvvigionamenti dalla Cina ed è emerso che quasi il 75% delle aziende statunitensi intervistate ha subito interruzioni della supply chain dovute a restrizioni di trasporto legate alla pandemia. Nel dettaglio, i principali impatti sono stati i seguenti:

  • Il 57% delle aziende ha avuto un significativo peggioramento dei tempi di consegna dalla Cina.
  • I produttori in Cina riferiscono di operare al 50% della capacità produttiva e con il 56% del personale normalmente impiegato.
  • Più del 44% degli intervistati non ha un piano per affrontare l’interruzione dell’approvvigionamento dalla Cina.
  • Più della metà (53%) ha difficoltà a ottenere informazioni sulla catena di approvvigionamento dalla Cina.

Ma cosa accadrà domani?

L’emersione di potenziali interruzioni spingerà alcune imprese a valutare una riorganizzazione delle proprie supply chain attraverso lo sviluppo di nuove strategie. Potrebbe esserci un passaggio da supply chain globali a continentali con l’obiettivo di minimizzare rischi e costi derivanti da cambiamenti esogeni imprevedibili, come ad esempio l’interruzione degli scambi commerciali durante la pandemia o incidenti come quello del canale di Suez.

Accorciare le supply chain consentirebbe di utilizzare a pieno le capacità produttive presenti in Italia e in Europa e trainare nuovi investimenti. Questo fenomeno è stato messo in evidenza anche da un’indagine condotta da Bank of America secondo cui l’80% delle multinazionali, nel 2020, ha studiato un piano per riportare parte della produzione a livello nazionale, principalmente nei settori hi-tech, automotive, tessile e farmaceutico. In Italia, questo orientamento è stato avviato ancor prima della pandemia e molte aziende stanno investendo per il rientro e il potenziamento delle produzioni a livello nazionale. Questo produrrebbe effetti positivi non solo per la singola azienda ma anche per l’intero Paese.

Benedetti&Co, grazie alla sua esperienza nello sviluppo di modelli e organizzazioni commerciali, è in grado di supportare l’imprenditore e il management nella definizione ed implementazione della strategia più adeguata secondo il contesto attuale e considerando scenari futuri.

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