Lettera all'imprenditore n°391 del
10 Settembre 2025
Strategie di crescita nell’inverno demografico

“Lo scenario causato dall’inverno demografico non è una possibilità ma una certezza, con cui le imprese dovranno fare i conti – volenti o meno.”
Stefano Alfonso
L’inverno demografico non è più una previsione, ma una condizione ormai strutturale in Italia e in tutto il mondo occidentale. La combinazione di un basso tasso di natalità e un innalzamento significativo dell’aspettativa di vita ha comportato un progressivo ma costante invecchiamento della popolazione, innescando dinamiche che colpiscono direttamente non solo il tessuto sociale del Paese ma anche l’equilibrio interno delle aziende. In questo scenario, l’aumento dell’età media non è la causa del problema, ma uno dei suoi effetti più visibili.
Questa tendenza, osservabile anche in Germania, Francia, Spagna, Giappone e in misura crescente anche negli Stati Uniti, ha implicazioni gravi e spesso sottovalutate a livello microeconomico. Le aziende, che vivono quotidianamente il mercato del lavoro, stanno sperimentando una crescente difficoltà a reperire personale, mantenere livelli produttivi sostenibili, e garantire una successione generazionale adeguata, sia nella forza lavoro sia nella leadership imprenditoriale. Le ripercussioni però non sono uniformi e vanno lette per ciascun comparto.
L’impatto è più evidente in quelle aziende che operano in settori ad alta intensità di lavoro manuale e basso livello di automazione, come ristorazione, turismo, edilizia e assistenza alla persona. Ma anche aree apparentemente meno esposti, come il manifatturiero e servizi finanziari che si sono già automatizzati, stanno iniziando a mostrare segnali di tensione, soprattutto in relazione alla difficoltà di attrarre nuove competenze. Il calo della popolazione in età lavorativa, previsto di 700 mila persone nei prossimi 5 anni, non si traduce solo in un problema di offerta di risorse umane: comporta anche un rallentamento strutturale della domanda interna, e dunque una contrazione del mercato complessivo in quei paesi soggetti all’inverno demografico. È un circolo che, paradossalmente, potrebbe sembrare anche poter trovare un suo punto di equilibrio – meno persone, meno domanda, meno bisogno di lavoratori – ma che in realtà si traduce in una progressiva riduzione del potenziale produttivo e della domanda interna del Paese. Le imprese italiane sono particolarmente esposte a questa dinamica e devono elaborare strategie di risposta su misura, anche tenendo conto che alcune soluzioni come l’automazione o l’internazionalizzazione non possono ovviamente essere adottate in tutti i settori.
Quali sono le strategie da adottare nell’inverno demografico?
Analizzando gli effetti dell’inverno demografico sul piano microeconomico, e per individuare una strategia efficace, è necessario differenziare i diversi settori, modelli di business e dimensioni aziendali. Le case di riposo e le strutture sanitarie per anziani, ad esempio, rappresentano il paradosso perfetto di questo scenario: sono tra le poche realtà che nei prossimi anni vedranno aumentare sensibilmente la domanda interna, in virtù della crescita esponenziale della popolazione over 75. Tuttavia, queste realtà si troveranno in un mercato del lavoro a corto di medici, infermieri, OSS e personale qualificato e con una concorrenza tra le singole strutture destinata a crescere. In questo caso, la risposta molto probabilmente potrebbe non essere l’automazione né la delocalizzazione. Le strategie da adottare potrebbero essere indirizzate verso politiche di attrazione del personale, premi di ingresso per giovani lavoratori, scuole di formazione, e in alcuni casi acquisizioni e aggregazioni tra operatori del settore per ottimizzare il personale esistente e condividere risorse in rete.
Un discorso analogo vale per il turismo e la ristorazione, settori fondamentali per l’economia italiana e tradizionalmente dipendenti da forza lavoro giovane, flessibile, e a basso costo. In questi settori il calo della popolazione giovane si traduce già oggi in una cronica mancanza di camerieri, cuochi, baristi e personale stagionale. Anche in questo caso, probabilmente, né l’automazione né la delocalizzazione potrebbero offrire risposte efficaci. Le imprese dovrebbero invece lavorare su altri due fronti strategici: rafforzare l’attrattività del settore per i lavoratori italiani e stranieri (con contratti più stabili, incentivi, formazione, aumento dei salari) e valutare aggregazioni tra imprese con modelli organizzativi complementari, in modo da poter gestire meglio le risorse umane condividendo il personale tra più sedi. Strategie di questo tipo possono diventare uno strumento prezioso per ridurre la frammentazione del settore e creare economie di scala nella gestione del lavoro.
Nel comparto manifatturiero e tecnologico, l’automazione ha giocato e può giocare ancora un ruolo concreto e fondamentale, ma non è priva di rischi: investire in robotica e intelligenza artificiale richiede capitali e soprattutto nuove competenze. Le aziende che producono beni industriali, beni intermedi e componenti elettronici stanno vivendo un duplice stress: da un lato devono compensare la carenza di operai specializzati con l’automazione, dall’altro devono trovare ingegneri e tecnici informatici per gestire la trasformazione. In questo scenario, strategie indirizzate all’acquisizione di imprese innovative possono in alcuni casi rappresentare una risposta efficace: non solo per “comprare” tecnologia, ma soprattutto per “acquisire” competenze e risorse umane, sottraendole ai competitor. Tali operazioni possono dunque diventare strategiche per risolvere il problema della carenza di personale tecnico, mentre le strategie di automazione vanno integrate con scuole di formazione interne e partnership con ITS e università.
Nel settore agroalimentari strategie vincenti potrebbero essere la combinazione dell’ automazione nelle fasi produttive e lo sviluppo della filiera corta digitale per compensare parzialmente la riduzione della forza lavoro. Tali strategie dovrebbero essere comunque accompagnate da una gestione attenta della domanda interna, che si sta contraendo in parallelo con la popolazione. Per queste aziende, ove possibile, sarà sempre più importante esportare, con strategie mirate, scegliendo i mercati più favorevoli.
Le aziende del settore retail, si troveranno invece in una crisi più profonda: meno residenti significa anche meno acquirenti, fenomeno che potrebbe non essere compensato dal flusso di turisti. In questo contesto, né la forza lavoro né la domanda potranno essere recuperati facilmente. Le strategie da adottare potrebbero essere quelle di aggregazioni tra negozi per ridurre i costi fissi e l’incremento delle vendite online, ove possibile. Tali strategie rispondono più ad un’esigenza di sopravvivenza, che di espansione. L’obiettivo strategico non sarà più quello di “crescere” ma “resistere”. Il calo demografico, infatti, soprattutto in questo settore, porterà con sé un calo strutturale della domanda interna, e quindi un ridimensionamento forzato del mercato e della capacità produttiva.
Conclusioni
Di fronte a una dinamica irreversibile indotta dal calo demografico, le imprese sono chiamate a ridefinire le proprie strategie ripensando ai propri modelli di business e organizzativi. È evidente che le soluzioni non possono essere uniche o standardizzate. Le strategie più efficaci saranno quelle costruite su misura, capaci di unire adattamento operativo, visione e realismo. Il punto critico sarà passare da una logica di emergenza a una logica di adattamento strutturale, in cui ogni azienda, in base al proprio settore, dimensione e mercato, elabora strategie sostenibili.
Benedetti&Co, grazie alla sua ventennale esperienza nell’analisi degli scenari macroeconomici è in grado di realizzare ricerche, simulazioni e scenari utili per definire vincenti strategie di crescita.
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