Lettera all'imprenditore n°404 del
10 Dicembre 2025
PIL 2026: previsioni e tendenze

“Il PIL è un mezzo, non un fine.”
Simon Kuznets
Le previsioni sul PIL italiano, effettuate ai diversi organismi, per il 2026 convergono verso uno scenario di crescita contenuta, coerente con il trend che caratterizza l’economia nazionale da oltre un decennio. Secondo l’ISTAT, il PIL reale aumenterà dello 0,8% nel 2026, trainato soprattutto dagli investimenti e da una domanda interna in recupero. In autunno la Commissione Europea ha confermato tale valore, collocando l’Italia nella fascia di bassa crescita delle economie dell’area euro. Banca d’Italia offre invece una lettura più prudente, stimando un +0,6% e segnalando un rallentamento dei consumi privati, una propensione all’investimento eterogenea tra i settori e un contesto estero penalizzante.
L’Ufficio parlamentare di bilancio riduce ulteriormente le aspettative e colloca la crescita potenziale allo 0,5%, richiamando l’attenzione sulla bassa produttività, su una demografia che sottrae forza lavoro e su un tessuto produttivo ancora disomogeneo in termini di digitalizzazione e capacità innovativa. A livello internazionale, il Fondo Monetario Internazionale prevede una crescita dell’ 0,8%, confermando che i vincoli strutturali italiani, quali l’invecchiamento della popolazione attiva, la scarsa diffusione di tecnologie avanzate tra le PMI e la lentezza della ricollocazione delle risorse verso i settori più dinamici continueranno a frenare il potenziale di crescita anche nel medio periodo.
2026: un anno di sfide per il contesto italiano
Le previsioni effettuate dai diversi organi istituzionali delineano per l’Italia un 2026 in cui la domanda interna aumenterà lentamente, il sostegno del PNRR si ridurrà rispetto agli anni precedenti e la bilancia commerciale peggiorerà a causa della riorganizzazione del commercio globale. Le aziende dovranno quindi operare in un ambiente più competitivo che richiederà maggiore attenzione: crescere non sarà una conseguenza automatica del ciclo economico, ma sempre più il risultato di capacità manageriali, investimenti tecnologici e rafforzamento dell’organizzazione interna.
Il recente upgrade del rating italiano da parte di Moody’s, che conferma il miglioramento della solidità finanziaria italiana (da Baa3 a Baa2), ridurrà il costo del debito per lo stato italiano sulle nuove emissioni, e pertanto, a cascata il costo del capitale per le imprese e le istituzioni finanziarie, riducendo lievemente il peso dell’elevato debito pubblico.
In questo quadro, si prevede che il PIL pro capite aumenterà leggermente solo per effetto del calo demografico e non per l’incremento della produttività.
PIL 2026: tendenze globali
Anche sul fronte internazionale, il 2026 sarà un anno caratterizzato da una crescita moderata. Il FMI stima un aumento del PIL globale del 3,1%, mentre l’OCSE prevede un +2,9%. Le economie avanzate cresceranno tendenzialmente dell’1-1,5%, a causa di consumi deboli, cicli produttivi poco dinamici e condizioni finanziarie ancora restrittive. Le economie emergenti, invece, continueranno a rappresentare il principale motore dell’economia mondiale, con l’India, prima in classifica, che viaggerà oltre il +6% annuo. L’area euro resterà la regione più debole, con una previsione di PIL attorno all’1% secondo BCE e Commissione Europea, a causa del peggioramento della bilancia commerciale e della crisi del comparto manifatturiero. La BERS inoltre segnala che l’invecchiamento demografico ridurrà ulteriormente il potenziale di crescita dei paesi europei da qui al 2050, aumentando la necessità di compensare con automazione, digitalizzazione e formazione avanzata.
2026: anno difficile
Tutti gli organi istituzionali prevedono che il 2026 sarà un anno di crescita debole, sia in Italia sia nelle principali economie avanzate, e tali previsioni potrebbero essere riviste significativamente al ribasso in corso d’anno (come accaduto negli ultimi anni) a causa dell’invecchiamento demografico e del riposizionamento degli equilibri globali.
Per le imprese italiane, la crescita non dipenderà tanto dall’aumento della domanda di mercato, come è avvenuto nello scorso secolo, quanto dalla capacità di “rubare” quote di mercato ai propri concorrenti, attraverso l’aumento di produttività, qualità, efficienza e capacità innovativa.
La crescita delle aziende sarà resa ancor più difficile dal passaggio da politiche di globalizzazione a politiche di localizzazione dei mercati. In tale scenario, pertanto, saranno premiate sempre più le aziende che sapranno posizionarsi con stabili organizzazioni nelle diverse piattaforme continentali.
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