Lettera all'imprenditore n°130 del

15 Gennaio 2020

Internazionalizzazione: le mete più ambite dalle Imprese Italiane – Scenario 2019 e Trend 2020-2022

A trent’anni dal crollo del muro di Berlino, quando ci sembrava che il mondo fosse arrivato ad un punto di svolta inimmaginabile, ci rendiamo conto oggi che in realtà i cambiamenti da allora sono proseguiti ad una velocità inaspettata.

Quella che stiamo attraversando è senza dubbio un’epoca di grandi cambiamenti per lo scenario economico e geopolitico internazionale.

Se alla fine degli anni 80 i Paesi Sviluppati producevano il 75% del PIL mondiale, oggi si è sempre più vicini al momento (previsto dagli economisti per il 2023) in cui i Paesi emergenti produrranno esattamente la metà del PIL mondiale.

Il ruolo di attori principali, in questo scenario, viene giocato da USA e Cina, una nuova forma di confronto tra due grandi potenze che, da un lato, implica un’inevitabile competizione e, dall’altro, viene segnato da una fluidità delle alleanze che spinge verso una crescente complessità ed incertezza.

In questo scontro tra giganti il ruolo dell’Europa sembrerebbe destinato a ridursi ulteriormente ed i singoli paesi europei si sentono relegati al semplice ruolo di pedine. Va tenuto conto invece che, proprio questo confronto tra grandi può rappresentare un’opportunità se i singoli paesi, ed all’interno di essi, il tessuto imprenditoriale di ciascuno, sarà in grado di adattarsi a nuove tattiche e strategie, ad esempio “intercettando” il vuoto lasciato dalle importazioni di prodotti Made in China e Made in USA in questi due paesi. Ciò consentirà ai paesi europei di ritagliarsi un loro importante spazio attraverso l’azione congiunta nell’ambito dell’Unione Europea. D’atra parte, anche dopo la Brexit, il PIL dell’intera UE varrà ancora il 17% di quello mondiale, quindi più di quello cinese. L’intera UE ha quindi un peso, quanto meno sul piano economico, tale da potersi giocare le proprie carte con Cina e USA, in alcuni casi (quali ad esempio il commercio) quasi alla pari. Ciò a patto che, non solo i singoli paesi europei, ma anche l’intera Unione Europea siano in grado di riadattare le proprie strategie al nuovo contesto globale.

La presenza delle imprese italiane nel mondo si diversifica in funzione delle dimensioni delle stesse: la quota media realizzata all’estero è rilevante per tutte le classi dimensionali e cresce dal 40% circa delle microimprese al 50% delle medie, al 60% delle grandi.

Considerando i Paesi di destinazione, la tendenza delle piccole imprese è quella di investire in maniera approfondita su pochi paesi concentrando i propri sforzi, mentre le grandi imprese tendenzialmente propendono per una maggiore diversificazione del loro portfolio in termini di esportazioni.

La diversificazione dei paesi di destinazione si realizza inoltre a maggiori distanze al crescere della dimensione aziendale. Emerge infatti una sostanziale concentrazione delle micro imprese nei mercati esclusivamente europei (Germania e Francia in particolare), per le piccole aumentano di rilevanza Stati Uniti e Svizzera, mentre per medie e grandi imprese rivestono un peso importante Cina, India e Russia.

L’Internazionalizzazione delle imprese italiane viene ancora privilegiata dalle esportazioni dirette, dove i primi tre mercati sono rappresentati da Germania, Francia e Spagna. Naturalmente non mancano nella top 10 mercati geograficamente e culturalmente più lontani, in particolare USA e Cina.

Il peso di questi paesi aumenta se si considerano le sedi commerciali, la principale forma di delocalizzazione in una logica di presenza sul mercato: gli USA salgono al primo posto in classifica, seguiti da Francia e Germania e da Cina al quarto posto. Compaiono inoltre India, Emirati Arabi Uniti e Brasile.

Infine, per quanto riguarda le sedi produttive, si posiziona al primo posto la Cina, seguita da USA, Germania e India. Nelle top 10, compaiono Romania e Tunisia.

I trend previsti dagli economisti nel prossimo triennio (2019 – 2022) riconfermano, sostanzialmente, gli stessi paesi. Da notare è il posizionamento in cima alla classifica della Russia, nonostante nel 2019 lo si ritrovi ancora al 9° posto nella classifica per vendite ed assente per sedi commerciali e produttive. Ciò a conferma di come l’enorme interesse delle aziende per quel mercato si scontri con difficoltà operative di accesso e elevato rischio politico-economico.

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