Lettera all'imprenditore n°139 del

9 Marzo 2020

Il Capitano è l’ultimo a lasciare la nave

L’imprenditore è spesso chiamato “Capitano d’impresa” proprio perché la sua figura assomiglia a quella di un capitano di una nave, responsabile, oltre che della sua nave, del suo equipaggio e dei suoi passeggeri, anche del suo operato nei confronti del mondo esterno.

Anche loro, proprio come i capitani di una nave, essendo fatti di carne e ossa, sono soggetti, come tutti gli uomini, a paure e a debolezze umane. Riescono, però, a superarle e a gestirle meglio di altri, grazie proprio a questa loro caratteristica innata, quella di essere persone che hanno un enorme senso di responsabilità, non solo nei confronti di sé stessi, ma anche nei confronti di chi gli sta intorno e della loro comunità. Riescono, pertanto, grazie alla forza che gli viene da questo grande dono, a non farsi piegare e influenzare, nel loro operato, da esse.

Sabato notte, subito dopo le prime notizie sul decreto che ha bloccato quasi tutto il nord Italia, anche loro, almeno per un attimo, hanno pensato, come hanno fatto poi in molti, di lasciare tutto, salire sull’auto, caricare la famiglia e i propri cari, e dirigersi velocemente lontano, magari da amici o parenti, o meglio ancora, verso la propria casa al mare o in montagna, visto che, per fortuna, risorse e mezzi non mancano agli italiani.

Poi, pensando alla propria azienda, ai propri dipendenti e a tutte le persone che fanno loro affidamento, hanno desistito e, messo in sicurezza la propria famiglia e i loro nonni, come tutti gli imprenditori, hanno iniziato a programmare e a pensare soluzioni su come e cosa fare per non interrompere l’attività della propria azienda, non per profitto, ma per non far mancare alla società civile e all’Italia quel valore aggiunto che ogni giorno generano e distribuiscono alla propria comunità. Spesso questo si traduce e si concretizza nella produzione di beni e servizi indispensabili per la continuità della vita della propria comunità, nel pagamento, ogni mese, degli stipendi ai propri lavoratori e del compenso ai propri fornitori, nel pagamento delle tasse e dei contributi necessari al funzionamento di uno stato moderno e, infine ma non per ultimo, alla distribuzione di beni e servizi indispensabili alla vita quotidiana di aziende e famiglie.

Gli imprenditori, questo fine settimana, hanno, superato velocemente pensieri egoistici e, pensando al proprio paese, hanno deciso che il loro dovere era quello di continuare a produrre valore per la società, nonostante tutto e tutti, continuando a comandare e condurre la propria nave, in mezzo alla tempesta, senza scappare.

Per comprendere meglio il valore di tale decisione basta pensare a cosa sarebbe del mondo senza i mulini che producono farina, senza i panettieri che sfornano il pane, senza i benzinai che forniscono benzina ai furgoncini per distribuirlo, senza le banche che distribuiscono i soldi per pagarlo e senza l’energia, gas o elettrica, per scaldarlo. Senza tutto questo il mondo non durerebbe che poche settimane! Anche senza alcun virus!

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